‘Nduja

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La ‘Nduja è un salume molle da spalmare, quella storica è fatta con 2/3 di parti grasse del maiale (una volta anche interiora) e 1/3 di peperoncino piccante: poteva addirittura essere paragonabile a un condimento.  Quella “moderna” mantiene le proporzioni tra maiale e peperoncino, ma utilizza anche ritagli di carne magra e peperoncino dolce. Il tutto è salato, macinato fino a essere pastoso e spalmabile, insaccato in budello naturale e leggermente affumicato, spesso con legno di ulivo, quindi stagionato.
È famosa la ‘Nduja di Spilinga, un borgo nell’entroterra di Capo Vaticano (VV) dove si ritiene abbia avuto origine, pur se da tempi remoti è diffusa ovunque una merenda di pane e grasso di maiale aromatizzato con erbe e spezie diverse a seconda di latitudine e tradizione locale. Il peperoncino, tuttavia, è giunto dalle Americhe, quindi l’abbinamento è meno antico.
Risorsa popolare, era consumata soprattutto spalmata sul pane, con la pasta (in particolare la fileja) e con i legumi. Oggi è diventato anche un ingrediente molto ricercato nella ristorazione di ogni livello e si utilizza, fredda o calda, per crostini e ricette di vario tipo, pizza in particolare. C’è chi ne sostiene l’origine francese, chi spagnola. In realtà nulla esclude che il nome andouillette di tipiche salsicce francesi o la Sobresada delle Baleari abbiano origine dalla ‘nduja invece del contrario.
La ‘Nduja più tipica è di grandi dimensioni, tra 1 e 3 kg, e insaccata nel budello cieco chiamato in Calabria anche Orba.

COMMENTI E CONSIGLI

Insaccato a metà tra il salume e il condimento, è diventato oggi di moda – nel terzo millennio sta vivendo un vero e proprio boom – con la conseguenza che il mercato è saturo di un prodotto di pessima qualità inquinato da additivi che non dovrebbero servire perché le componenti, se sane, sono di per sé dei conservanti. Se ci sono additivi o zuccheri vuol dire che la materia prima ha problemi.
Anzi, è davvero fondamentale leggere l’etichetta perché la presenza di additivi potrebbe anche essere stata necessaria in particolare per la scelta di peperoncino di origine indiana privo di garanzie igienico-sanitarie. Infatti il peperoncino calabrese, molto più pregiato e sicuramente più sano, può costare fino a 10 volte di più di quello importato.
Nel contempo il prodotto è spesso snaturato (ma comunque può essere di eccellenza), ovvero meno piccante e più ricco di carne, per incontrare il gusto dei consumatori del Centro-Nord. La tipologia più classica ha il peperoncino tritato fine ma visibile, quella più moderna può spesso appare come una pasta omogenea. È particolarmente pregiata quella fatta con Maiale Nero di razza Apulo-Calabrese allevato semibrado.